Salvarsi…giocando intelligentemente

Giancarlo Manzoni Metalog

  Il gioco è innanzi tutto è un esperienza, più o meno attiva che occupa i     partecipanti per un certo periodo di tempo.

Riferendosi  ai quattro principi del sociologo Roger Caillois (1913-1978),   (agon, alea, mimicry,ilinx) mi viene da chiedere se giocare ci salva la vita.

  • Con agon (parola greca che significa gara) favoriamo lo spirito di competizione.
  • Con alea (parola latina che significa dado) favoriamo l’impoderabilità sfuggente indipendente dall’abilità del giocatore
  • Con mimicry (parola inglese che significa mimica, imitazione) favoriamo l’illusione, il travestimento
  • Con ilinx (parola latina che significa vertigine) favoriamo lo stordimento, grazie ad esperienze inconsuete

Forse queste componenti sono elementi caratterizzanti e importanti o addirittura indispensabili perchè ci sia l’esperienza ludica.

Ma quali sono i giochi che “salvano” e quali no?

Il bambino è salvato dal gioco perchè è in qualche modo difeso dalle minacce del mondo esterno, ma quando il gioco evoca una violenza potenzialmente presente nel modo…questa salvezza diminuisce.

L’unica possibilità che ha è cambiare le regole del gioco o cambiare gioco per poter vivere.

https://www.youtube.com/watch?v=oyRpgiA086Y

Qui inizia il “gioco“.

Guido, infatti, per proteggere il figlio dall’orrore della realtà che stanno vivendo, decide di raccontargli che stanno partecipando ad un gioco a premi. Dovranno affrontare molte prove e, se riusciranno ad arrivare fino alla fine del gioco, potranno vincere un vero carro armato.

In alcuni giochi (come quelli esperienziali più propriamente detti, vedi ad esempio METALOG www.metalog.it ) le regole possono essere a volte cambiate. In altri è più difficile.

Il gioco comunque rimane un elemento dove si impara l’autonomia nella relazione, conservando la fiducia in una realtà positiva che ci protegge.

Sono aree di “esperienza intermedia” come sosteneva Donald Winnicot, forse il più grande psicologo dell’infanzia. Sono “oggetti transazionali”, oggetti ponte dal presente alla realtà esterna, qualunque essa sia.

Questo spazio di “esperienza intermedia” ha una duplice funzione: da una parte offre a chi gioca (il bambino o l’adulto che apprende tramite il gioco) un senso di sicurezza e di fiducia che gli permette di stabilizzare meglio la situazione che sta vivendo, dall’altra, è il luogo in cui inizia a svilupparsi gratuitamente- senza motivo-la creatività.

Qualunque gioco esperienziale, compresi i business game , sono sempre e comunque esperienze creative, e la capacità di giocare permetterà al soggetto di esprimere le proprie potenzialità, e di ritrovare, come diceva Winnicot, se stesso, rimanendo in contatto con il nucleo del proprio Sè.

Naturalmente è possibile giocare solo se si sa giocare e si sa di giocare.

In altri termini è indispensabile il coinvolgimento, la capacità di mettersi alla prova, impegnandosi dunque come se si trattasse di un’attività seria dalla quale dipende molto di noi stessi (compresa la stima che abbiamo di noi);

Nello stesso tempo, però, proprio perchè il gioco non scada nello stress,  aihmè quasi naturale nelle nostre giornate, occorre essere consapevoli che solo di gioco…si tratta.

Tale coscienza del limite (osservazione chiara della valenza comunque pedagogica) ci facilita e ci sprona a non prendersi troppo sul serio. Questo se siamo attenti, presenti e ben guidati o facilitati durante il gioco, dato che l’influsso sulla vita, comunque c’è!

Per approfondimenti su qualche impatto si veda:

https://sites.google.com/site/unit22assignment13209485/home/the-impact-of-computer-games-on-society-p1

Comunque la correlazione tra gioco e creatività è profonda.

Il gioco quando è intelligente diventa veicolo e strumento di apprendimento, di conoscenza degli altri, di percezione del proprio corpo e dei propri confini, di sviluppo dell’immaginazione.
Continuiamo allora a giocare!

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