Passare al bosco: fra riflessioni e meditazioni.

“Passare al bosco: dietro questa espressione non si nasconde un idillio….piuttosto un’escursione perigliosa, non solo fuori dai sentieri tracciati, ma oltre gli stessi confini della meditazione” (Ernst Junger)

Riflettiamo su queste parole: passare al bosco, escursione perigliosa, fuori dai sentieri tracciati, confine della meditazione. Sono parole che oggi sono forse d’attualità e fanno risuonare, almeno a me.

Passare al bosco

Qui si aprirebbe un capitolo o un intero libro. Usiamo questa metafora che però è anche un avvenimento accaduto oggi. Un amico sacerdote ha finito il suo periodo di permanenza a Milano. Domani parte, in quanto ha obbedito al suo nuovo mandato: va lontano, in una collina, quasi vicino ad un bosco. Non è contento. E’ stato diciamo “costretto”. Doveva in realtà finire delle cose a Milano, ma non gli hanno consentito questa libertà. E ha accettato guardando il cielo, sperando nel cielo. E’ passato al bosco. Forse farà qualcosa di nuovo, fra riflessioni e meditazioni.

Oggi “il passare al bosco” ,che sto sentendo da diverse parti, sta diventando per molti una necessità, anche operativa. Al di là delle piazze. Un cambio di lavoro o un licenziamento repentino, una forzatura di un sistema che vuole avere il controllo dalla culla alla morte di ogni individuo, un’emarginazione che viene creata per dividere invece che separare. Molti stanno “passando al bosco”. Io sto “passando al bosco”. E cosa vuol dire “passare al bosco”? Posso dirlo solo per me in questo momento. “Passare al bosco” significa ritornare a riflettere su cosa sia la libertà, scelta dagli altri e scelta da me e direi conquistata all’interno di questi quindici anni, almeno. Significa soprattutto tornare indietro a pensare alla storia e alla mia storia, ai valori che mi hanno accompagnato e per i quali ho lottato, significa fare memoria e ricordare. Voglio “passare al bosco”. E ricordare per non dimenticare. Voglio anche rivedere i miei talenti e non buttarli via. Voglio “passare al bosco” per farmi delle domande, in parte per fuggire, in parte per rimanere sulla soglia di una porta, come ho fatto oggi, e decidere quindi di entrare e/o uscire. Occorre riflettere, fare riflettere. Questa è la porta per un altro tipo di leadership che ti fanno provare (gli eventi) e che scegli di provare. Bisogna saper rinunciare, se necessario al mondo intero, per salvare i veri valori, per salvare l’anima e aggiungo per salvare anche la presenza di Dio “bambino” e “debole” nel mondo (cf. Vangelo di Marco 8, 36-37). Se non si potesse o se il messaggio fosse troppo aulico, già forse una bella passeggiata regolare nel bosco e direi continuativa farebbe solo bene per rischiarare le idee. O solo per respirare. Ho sentito recentemente che alcuni al bosco preferiscono le campagne ed una nuova comunità, fra riflessioni e meditazioni

Escursione perigliosa
Escursione perigliosa fra riflessioni e meditazioni

Escursione perigliosa

Ogni tipo di movimento che si fa in questo momento, credetemi, è un escursione perigliosa. Non si sa dove si andrà a finire e cosa succederà. L’unica cosa che si sa è che non solo non è facile, ma è anche pericoloso (la scelta, il percorso, l’obiezione, la direzione). E per la prima volta dopo tanto tempo il preoccuparsi, ossia il pre-occuparsi (occuparsi prima, anche in anticipo) diventa straordinariamente importante perché questo significa aprirsi alla virtù della prudenza e della lungimiranza, anzi apre le porte ad un’altra virtù, quella della trasparenza. Trasparenti verso il presente e verso il futuro. E questo implica un pensiero strategico , fra riflessioni e meditazioni.

Per fare questo occorre rispondere e dare delle risposte, e non appellarsi al “quinto emendamento”: occorre dire la verità, e affrontare le cose nel modo chiaro e chiamare le cose con il loro nome. Questo implica anche fare buon uso del silenzio, quando serve, o meglio non utilizzare il silenzio se è un altro modo per dare una “falsa testimonianza” o dare cattivi contributi. Di questi ne abbiamo abbastanza. La domanda rimane: qual è la tua escursione perigliosa? E ne sei consapevole? Di cosa ti stai pre-occupando? O meglio di cosa ti dovresti pre-occupare e/o prevedere.

Fuori dai sentieri tracciati: in questo caso non è necessario solo un pensiero laterale o un pensiero radiante e generativo, è necessario fare o dire qualcosa di diverso da quanto normalmente si dice o si è abituati a dire o ad ascoltare. Le persone che vanno fuori dai sentieri tracciati sono poco definibili. Ancora il mio amico sacerdote diceva oggi che il suo padre guardiano quasi “errante” o non “inquadrabile” o “controllabile”, e sempre l’amico sacerdote esprimeva se stesso come una di quelle persona che lasciava all’intuizione del momento la scelta giusta per quel momento giusto. Quasi imprevedibile. Diversi punti di vista quindi e forse “improvvisazioni”, prima di “passare al bosco”. Quindi fuori dai sentieri tracciati significa “alia”, ossia per altre vie. Oppure semplicemente come ho fatto stranamente oggi per una situazione veramente di contesto che ha forzato i miei spostamenti, all’interno di un’assemblea, stare sulla soglia: ero fuori dal sentiero tracciato, ne ero vicino, ma ero fuori e sarei potuto andare ancora più fuori. Fuori vuol dire fare anche emergere quello che si ha dentro, lasciar emergere, buttarlo fuori, fuori dai sentieri tracciati che possono diventare stretti o poco ossigenati per molti di noi. Facciamoci un esame di coscienza. Almeno questo è quello che provo a fare io, tenendomi un diario apposito.

Confine della meditazione

Meditate gente, meditate, fra riflessioni e meditazioni. Sappiamo fra i nostri artisti chi lo diceva tanto tempo fa. Una mia amica medita due volte al giorno. Io in questo momento cerco almeno di farlo una volta. Ma cosa significa meditare…e su cosa bisogna meditare? Platone diceva che la nostra anima è immortale e che ora essa ha fine e rinasce e non perisce mai (Meno, 81). I testi induisti parlano del Se’ che si incarna, in qualsivoglia corpo sotto forma di Intelligenze (soffi o potenze dell’anima che operano attraverso le porte dei sensi). Bene. Noi abbiamo tre di intelligenze (modello mBraining) o soffi dell’anima su cui meditare o su cui far meditare rispetto agli avvenimenti che ci accadono: la mente, il cuore, la pancia. Potremmo limitare la meditazione si questi tre confini. Quali domande la mia mente si pone e quali risposte riceve? Cosa dice il mio cuore di tutto questo? C’è cuore in tutto questo? Cosa muove o frena la mia volontà in questo momento? Cosa devo o voglio proteggere? Cosa devo o voglio invece far muovere?    

Poniamoci delle domande: le risposte arriveranno comunque. Apriamoci al confronto. E se non ci fosse…prima di eventualmente parlare occorre respirare per riflettere bene e, aggiungo, occorre meditare bene per parlare bene. Forse sono questi i tre confini della mia meditazione attuale. Forse invece la devo allargare: soffiarci sopra, liberare altri “soffi” vitali. Farmi altre domande e fare altre domande per il mio bene e quello degli altri. Forse lo dobbiamo fare tutti, riprendendo a meditare (anche a pregare), essendo trasparenti, ridiventando costruttori di ponti e non di muri. Andando oltre il confine, almeno il nostro. Riprendendo la nostra leadership. Rimanendo umani.

“In quei giorni Elia si inoltrò nel deserto…desideroso di morire , disse.: “Ora basta, Signore…”,…ma ecco che un angelo del Signore lo toccò……e gli disse “Alzati, mangia, perchè è troppo lungo per te il cammino…” (1 Re 19, 4-8)

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